Politica

Il “family man” vuole un movimento capace di ridare speranza all’italia in declino

Che Savino Pezzotta, ex segretario generale della Cisl e portavoce del Family day, fosse un tipo generoso con cuore e testa da leader naturale...

di Riccardo Bonacina

Che Savino Pezzotta, ex segretario generale della Cisl e portavoce del Family day, fosse un tipo generoso con cuore e testa da leader naturale e un?idea autonoma della sua funzione di dirigente popolare come dimostrano i suoi no alla politica e ai suoi posti, lo si sapeva. «Che avesse anche testa politica e senso del tempo politico, questo lo si è appreso lo scorso 7 giugno a Roma», ha notato Giuliano Ferrara, uno che di politica se ne intende avendola masticata sin da bimbo e in qualunque salsa.

In effetti, lo scorso 7 giugno è accaduto qualcosa di annunciatissimo (le voci di un nuovo partito dei cattolici si rincorrevano da giorni), eppure di inaspettato nelle modalità e nei contenuti. Prendete tutti i cattolici di lotta e di governo impegnati in politica (assenti i soli popolari, da Castagnetti in giù), aggiungete una buona dose di ex democristiani (tra cui Gerardo Bianco e Vincenzo Scotti) e metteteli tutti in una sala nel centro di Roma non per parlare, ma per passare un intero pomeriggio ad ascoltare. In platea il ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, il presidente dell?Udc Rocco Buttiglione, il leader dei Cristiano sociali (Ds) Mimmo Lucà, Bruno Tabacci (Udc), Luisa Santolini (Udc), Maria Burani Procaccini (FI), una folta platea di Dl – la Margherita, da Maria Pia Garavaglia a Donato Mosella e Luigi Lusi (tesoriere del partito). A promuovere l?incontro la vivacissima pattuglia dei teodem (o modem – movimento democratico – come adesso si chiameranno), Luigi Bobba, Enzo Carra e Paola Binetti.

Cattolici di lotta e di governo
Sul palco, non politici ma i leader di alcuni movimenti cattolici promotori del Family day, Salvatore Martinez (Rinnovamento nello Spirito Santo), Andrea Olivero (Acli), Andrea Riccardi (Comunità di S. Egidio) e, ovviamente, lui, Savino Pezzotta, chiamati ragionare sulla Provocazione del Family day tra politica e antipolitica. Tra politica e antipolitica – hanno detto all?unisono – ci sono i percorsi lunghi, concreti, propositivi dei movimenti cattolici, liberi da obblighi e da attese messianiche rispetto alla politica, impegnati quotidianamente nel sociale e che da anni si sono dotati di momenti di raccordo e di pensiero (basti citare l?esperienza di Reti in opera).

«Il popolo del Family day», spiega Olivero, «viene da lontano e va guardato non solo come una riserva etica, ma anche civile. è un offerta fatta a tutti coloro che vogliono confrontarsi con un?idea nuova di società». Il popolo di piazza San Giovanni, rilancia Andrea Riccardi, «è una realtà che i politici cattolici, specie quelli ?adulti? (dice alludendo a Prodi, ndr) credono di conoscere. Ma non capiscono che non sono più davanti ai cattolici degli anni 70. C?è stato un pontificato come quello di Giovanni Paolo II che ha ridato anima e unità di sentimenti a questo popolo, sotto quel pontificato i movimenti impegnati dentro la società hanno cominciato a fare insieme, ogni giorno rispondendo ai bisogni di chi in questo Paese vive». E per capire quanto sono cambiati i cattolici basta ascoltare l?intervento di Salvatore Martinez, al suo debutto in un consesso politico, che per spiegare la coscienza che ha mosso il milione di piazza San Giovanni, cita il fulminate verso finale de Il glicine di Pier Paolo Pasolini: «Chi non parla, è dimenticato».

A chiudere gli interventi è Pezzotta che sa che dovrà dire cento volte (anche se non basterà) che non ci sarà nessun partito, perciò la prende da lontano. «Il Family day» spiega, «è l?espressione di un sentire profondo della società italiana che non emerge mai e che la politica fa fatica a capire». L?ex leader della Cisl che per una vita ha fatto rappresentanza e rappresentazione di interessi, il 12 maggio ha capito quanto la rappresentanza e la rappresentazione siano ormai un circuito autoreferenziale e lontanissimo dalla realtà e della gente. Perciò indica un?agenda ricchissima: riforme istituzionali perché «la seconda Repubblica è fallita ed è rimasta senza popolo»; nuova legge elettorale per superare l?attuale «autoritarismo elettorale» e per favorire il ritorno alla partecipazione («lasciateci almeno le preferenze»); riforma del welfare e dialogo leale sui temi bioetici perché la «questione sociale è oggi innanzitutto una questione antropologica».

Col Pd finisce il cattolicesimo democratico
Un ragionamento e un?agenda che però precipitano in una proposta concreta che fa sbarrare gli occhi a molti politici in sala. «Non penso a un partito ma a un movimento parapolitico, che tenga in piedi la tradizione del cattolicesimo democratico. Perché con il Partito democratico quella storia finisce perché i Popolari, i cattolici, sono chiamati a parteciparvi rinunciando alla propria identità». E ancora: «Così come nel dopoguerra i cattolici con la Dc contribuirono al bene di tutti costruendo la democrazia per tutti, allo stesso modo oggi i cattolici possono farsi carico di ridare speranza a un Paese in declino».

Una dichiarazione impegnativa e senza incertezze, che a distanza di una settimana continua a far discutere. Ne discutono Rutelli, Casini, Follini, Mastella, perché spariglia un quadro politico già molto in movimento e attraversato da più di un terremoto evidente o sotterraneo. Ci mancavano pure i cattolici che si organizzano, avrà detto qualcuno. Follini dice di non sapere cosa significhi parapolitico. Pezzotta: «Ho usato quella parola in modo cosciente. Non ho usato il termine prepolitico perché significava invadere il campo del sociale, non ho detto politico perché non voglio fare un partito. Volevo solo significare che tra il prepolitico e il politico c?è uno spazio che ho definito parapolitico, cioè uno spazio di dibattito, di proposta, di pressione politica che non necessariamente si fa partito. Ho voluto essere rispettoso sia del prepolitico vero, cioè del sociale, ed esprimere una non indifferenza al politico senza per forza dar vita all?ennesimo partito o partitino».

Spaventato dalle reazioni? «Le decine e decine di email che mi dicono di andare avanti e le reazioni un po? stizzite significano che ho toccato un nodo vero, una necessità sentita, un nervo scoperto. Quello dei tanti che vorrebbero un bipolarismo centripeto e non centrifugo. Quello di chi spera in una politica moderata nei modi e radicale nei valori, perché moderatismo non è pragmatismo né tanto meno utilitarismo. Moderatismo significa aver consapevolezza che in politica occorre ragionevolezza per non mandare tutto in frantumi, e insieme bisogna sapere che senza ideali non si fa politica, si fa un?altra cosa, si fanno gli interessi di gruppo o di bottega».

Domanda sul futuro
Ed ora, Pezzotta, che pensa di fare? «Ho lanciato un?ipotesi, per andare avanti bisogna trovare dei compagni di strada, se non ci saranno compagni di viaggio rimarrà un?ipotesi. Cercherò di trovare amici e compagni disposti a riflettere insieme. Non sto cercando persone che vogliono posti ma gente che vuole mettere in campo idealità e modi di fare nuovi. L?impegno cui chiamo si colloca dentro la dimensione di una politica donativa e non di una politica acquisitiva. Non ho nulla da offrire se non un impegno. Nelle cose bisogna avere umiltà e volontà, volere che le cose accadano avendo la coscienza che non tutto dipende da chi prova a farle. Vedremo. Ogni tanto ci vuole pur qualcuno che liberamente dica le cose per quel che sono, proprio perché non ha posti e luoghi da difendere. Sono un pensionato, inquieto, ma felice».


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